Università di Bari: “Potere e condizionamento”, e poi… un Codice Etico per mettere ordine

Università di Bari, Potere e condizionamento e un Codice Etico

Un nuovo codice etico all’Università di Bari mira a prevenire discriminazioni. Intanto, le motivazioni della sentenza contro l’ex professor Fabrizio Volpe svelano dinamiche di potere e condizionamento.

A volte la realtà supera la fantasia, e l’Università di Bari, nel tentativo di riscrivere le proprie regole, si trova a fare i conti con un passato (non troppo lontano) che non smette di far discutere. E mentre l’Ateneo introduce un nuovo Codice di Condotta per prevenire e contrastare discriminazioni e molestie, emergono le motivazioni della sentenza che ha condannato l’ex professor Fabrizio Volpe a cinque anni di reclusione. Una coincidenza che sa quasi di amara ironia.

Il nuovo Codice di Condotta, formulato dal Comitato Unico di Garanzia (Cug), si propone di creare un ambiente di studio e lavoro “sicuro, sereno e favorevole alle relazioni interpersonali basate sull’uguaglianza e sul rispetto reciproco”. Un principio condivisibile, che arriva però dopo anni di dibattiti e, in alcuni casi, di spiacevoli vicende. L’Ateneo ha anche istituito la figura del Consigliere di Fiducia, una professionalità esterna con un incarico triennale, incaricata di offrire assistenza e consulenza a chiunque subisca discriminazioni o molestie. Un passo avanti, certo, ma sorge spontanea una domanda: quanti episodi di “potere e condizionamento” saranno già sfuggiti alle maglie della giustizia o della consapevolezza?

Le motivazioni della condanna all’ex Professor Volpe: Un ritratto scomodo

Le motivazioni della sentenza del presidente Ambrogio Marrone che ha condannato l’ex docente di diritto civile Fabrizio Volpe, attualmente sospeso dall’insegnamento, sono impietose. I giudici non hanno dubbi sul “carattere doloso delle condotte di suggestione, persuasione ed inganno” messe in atto da Volpe. Lo scopo? Indurre una studentessa in uno stato di soggezione. Eppure, la stessa ragazza avrebbe cercato di “realizzare un indebito vantaggio per se stessa”.

La sentenza rivela un quadro desolante: Volpe, scrivono i giudici, era “consapevole del carattere abusivo del suo comportamento”. La sua affermazione di essere “la terra dell’Università di Bari” esprimeva, secondo il Tribunale, una “sensazione di onnipotenza”. Questa “efficacia induttiva” avrebbe portato la studentessa, allora 23enne, ad accettare “una dazione indebita di denaro in cambio del superamento degli esami”, pur rifiutando una “prestazione sessuale, primario fine delle attenzioni dell’imputato verso la studentessa”. Insomma, una trattativa al ribasso, per così dire.

Il Tribunale ha riqualificato l’accusa iniziale di concussione in induzione indebita, ritenendo che la condotta di Volpe abbia “alterato” il processo decisionale della studentessa. Questa, spiegano i giudici, “non è stata ‘piegata’ dalla sopraffazione del pubblico ufficiale, ma soltanto ‘condizionata’ dal suo potere”. La studentessa avrebbe preso una decisione “utilitaristica” per i suoi obiettivi di laurea, senza sentirsi minacciata da un “male ingiusto”. Dalle 124 pagine della sentenza emerge che Volpe avrebbe abusato della sua fama e posizione, vantando una notevole influenza sulle carriere degli studenti e degli assistenti universitari. Avrebbe, in pratica, tentato di scambiare favori sessuali con intermediazioni negli esami, ripiegando poi su un’alternativa economica quando la richiesta sessuale è stata declinata.

La condotta di Volpe, sintetizzano i giudici, “ha sì agito mediante la strumentalizzazione della sua qualifica, senza mai minacciare la studentessa”. Proprio per questo, la studentessa avrebbe assecondato la proposta “per ottenere il vantaggio futuro del conseguimento della laurea senza l’impegno e la preparazione richiesti agli studenti della medesima facoltà e non perché costretta con le spalle al muro da un aut-aut”.

Oltre all’accusa di concussione ora eliminata, il docente rispondeva anche di violenza sessuale, risalente al 2014.Anche se il Tribunale di Bari l’ha riqualificata in tentata violenza e l’ha dichiarata prescritta, pur riconoscendo la responsabilità di Volpe. La sentenza descrive “in modo inequivocabile” la condotta dell’imputato che cerca di avere un contatto sessuale contro la volontà della studentessa, il cui racconto è ritenuto “credibile perché coerente, dettagliato, privo di contraddizioni e riscontrato”. L’episodio avrebbe causato un danno “di particolare rilevanza” sia alla studentessa sia all’Università, colpita dal clamore mediatico della vicenda.

Il Nuovo Codice: Un punto fermo per il futuro accademico?

Il nuovo Codice etico dell’Università di Bari, con i suoi 15 articoli, definisce chiaramente discriminazioni dirette e indirette, violenze di genere e molestie sessuali. In particolare, a descriverle è l’articolo 5, come “minaccia di porle in essere” o “pratiche inaccettabili, inclusi i “comportamenti indesiderati a connotazione sessuale”.

Il Consigliere di Fiducia opererà in collaborazione con le consigliere di parità regionali e provinciali, potendo avviare procedure informali per la risoluzione dei casi entro 45 giorni . Questa figura potrà convocare l’autore del comportamento, acquisire informazioni e tentare una conciliazione, o proporre misure per interrompere la condotta.

Nei casi più gravi, potrà suggerire al Rettore o al Direttore generale lo spostamento di una delle parti coinvolte. Le sanzioni per chi violasse il Codice, pur salvaguardando le responsabilità penali, possono arrivare fino al licenziamento, con l’obiettivo primario di “cessazione immediata della condotta illegittima”.

Se una denuncia si rivelasse infondata, l’Ateneo si impegna a riabilitare il buon nome dell’accusato. L’intenzione è nobile, ma la vera sfida sarà garantire che queste nuove regole non rimangano lettera morta di fronte a chi, forte della propria “potere di condizionaamento”, creda ancora di essere “la terra dell’Università”.

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Università di Bari, Potere e condizionamento e un Codice Etico

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Elvira Zammarano

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