Quella di Michele Pastore, 65enne di Acquaviva delle Fonti, e del suo locale (Braceria La Grigliata), sembra una storia come tante. Invece, più la si ascolta e più s’intravede in essa qualcosa di diverso. Contraddistinta da una determinazione e tenacia fuori dal comune, può essere sinteticamente riassunta come la storia di un uomo, profondamente legato al territorio, che ha deciso di tramandare le più belle tradizioni del nostro passato. ‘La Grigliata’, dunque, è solo apparentemente una braceria come tante. Essa, infatti, rappresenta lo stile essenziale, ma non banale, la filosofia e, soprattutto, i sacrifici del suo proprietario, finalizzati a preservare e tramandare le tradizioni culinarie della sua famiglia, molto radicata sul territorio.

Appena si entra nel locale – né piccolo né grande -, ciò che colpisce è il tradizionale camino a vista, attrezzato per l’arrosto. Poi ci sono i tavoli di cui la sala è piena. Attenzione, però, non sono sparsi alla rinfusa, ma sottoposti a un rigoroso ordine prestabilito. Pensato. Un ordine, cioè, rispettoso della privacy “perché le persone devono sentirsi sempre a loro agio”. Tavoli ricoperti da tovaglie a quadri bianchi e rossi. Semplici semplici. Di quelle, insomma, che ricordano il passato. A colpire, però, sono soprattutto il calore avvolgente e l’accoglienza. Non un semplice savoir-faire mirato al commercio, ma un’accoglienza autentica. Genuina. Come autentico è il racconto di quest’uomo che ha dedicato l’intera vita a fare bene il ‘mestiere di macellaio’.
Un’attività, tramandata dal bisnonno, che Michele ha cominciato quando aveva appena sette anni andando ad aiutare il padre. Pertanto, non il titolare di una macelleria e basta, ma un uomo che ha costruito il suo lavoro sulla conoscenza perfetta del territorio e sulla ricerca di tradizioni di cui la nostra terra è piena. L’obiettivo è sicuramente quello di preservare e trasmettere queste tradizioni attraverso ‘antiche’ ricette, che fanno parte della nostra cultura e che Michele propone da 30 anni nel suo locale, dove il tempo sembra essersi davvero fermato.
La storia di Michele
È grazie a te se esistono ancora locali come questo?
“Non voglio attribuirmi meriti, però, in questi trent’anni, cioè quando ho aperto ‘La Grigliata’, e da 60, da quando faccio lo stesso mestiere dei miei bisnonni, non ho mai smesso di cercare le masserie presenti sul nostro territorio. Posso assicurarti che ancora oggi, nonostante io ne abbia trovato migliaia, ce ne sono ancora tante da scoprire”.
Migliaia…?
“Esattamente. Migliaia. L’hinterland barese, in comuni come Putignano, Gravina, Santeramo, Spinazzola e altri, ma spingendosi anche nel tarantino, penso a Laterza, è pieno di piccole e grandi masserie. Tutte antiche. Bellissime. La gente non sa quanto c’è di prezioso sul nostro territorio. In questi piccoli capolavori, sono allevate ancora in modo tradizionale centinaia di capi di bestiame destinati alla macellazione e a pochi conoscitori e, tra questi, ci sono io”.
Come le hai scoperte?
“Dovrei raccontarti la storia della mia vita: sessant’anni di attività come macellaio. Ricordo che avevo sette anni quando tornavo a casa con mio padre dalla macelleria, e che mia madre mi lavava perché il giorno dopo dovevo andare a scuola. Ricordo pure, che quando incontravo i miei compagni li guardavo con ammirazione perché erano sempre ben curati e ben riposati. Sembravano tutti dei damerini, mentre io avevo già occupato parte della giornata con il lavoro. Questo, però, mi ha dato la possibilità di girare il territorio insieme a mio padre alla scoperta di storiche strutture dove acquistavamo i capi da macellare e vendere”.
Un lavoro complicato?
“Più che complicato, faticoso e per come l’avevamo impostato noi, di responsabilità. Vedi, per me, anche oggi, acquistare animali sani destinati al macello e alla vendita, è diventata una priorità. Non voglio dire che le carni comprate dalla gente nei supermercati siano tutte da evitare. Sicuramente, però, non si tratta della stessa carne che deriva da animali allevati in maniera tradizionale in queste antiche masserie. Tra l’altro, io ho acquisito una grande esperienza e mi accorgo subito se un animale è malato e non commerciabile. Sono molto attento”.
Come avviene l’acquisto degli animali?
“Oltre alle masserie conosciute per tradizione, ci sono anche quelle scoperte grazie all’intervento dei mediatori. Sono personaggi, a volte, indispensabili. In ogni paese ce n’è uno. Ecco, quando voglio conoscere qualcosa di nuovo mi rivolgo a queste persone che di solito trovo nella piazzetta del paese. Con lui giriamo per trovare le novità di quel territorio fino all’acquisto degli animali che voglio”.
E poi che succede?
“Succede che gli animali acquistati vengono portati al macello, per quanto mi riguarda, o di Conversano o di Noicattaro, dove rimangono per un po’ in osservazione. Dopodiché cominciano altri controlli da parte dei veterinari dell’Asl, che, alla fine, rilasciano il nullaosta per la macellazione e la successiva vendita della carne nel mio punto vendita o per la preparazione delle antiche ricette in braceria. Per questo, i miei sono prodotti estremamente sani, in quanto, gli animali che acquisto, sono stati nutriti solo con prodotti naturali, privi, cioè, di sostanze chimiche, ormoni e altre diavolerie. E sono orgoglioso di portare avanti il lavoro così com’è stato impostato dai miei bisnonni, da mio nonno e da mio padre. Per questo ti dicevo che il mio non è un lavoro complicato ma faticoso”.
Come si fa capire se un animale è sano e la sua carne commestibile?
“I segni sono tanti. Io li conosco… Ma la prova ‘principe’ avviene al macello. La prima azione del veterinario e quella di aprire il fegato. Se al suo interno le caverne sono piene di materiale verdastro o rossastro, cioè non sono libere, significa che quell’animale si è nutrito con foraggio infestato da formiche. Ovviamente, non si tratta delle normali formiche ma di una specie ‘gigante’, che ogni tanto vediamo anche noi. Queste contengono o rilasciano un enzima che distrugge o avvelena il sistema linfatico dell’animale compromettendone la salute. Di conseguenza la sua carne non potrà essere venduta e il massaro dovrà essere avvisato precauzionalmente: questi sono gli intoppi del mestiere che ho debitamente messo in conto”.
E la tua famiglia ha mai avuto una masseria?
“Sì, a Casamassima. Era bellissima. Apparteneva al mio bisnonno che aveva la bellezza di 21 figli. Posso dire che con lui è cominciata la tradizione del cibo low cost. Ricordo che mio padre mi raccontava che i miei bisnonni vendevano il famoso brodo chiamato “u’ caldaridd”. A quei tempi si andava in giro con il pastrano che era una specie di mantello nero, largo e lungo. Sotto quel mantello la gente nascondeva una specie di borraccia, oggi la chiameremmo così, che veniva riempita di brodo caldo acquistato dai miei bisnonni. A causa del freddo invernale, del lavoro nei campi e della pastorizia, gli uomini non avevano altra scelta per riscaldarsi. Un’altra pietanza che vendevano era l’“accofanata”, una pignatta di carne di vitello cotta per oltre 10 ore, secondo un’antica ricetta di quei tempi, oggi, molto richiesta nella mia braceria”.

Sulla tua pagina Fb ho letto di alcune persone che hanno tentato di farti guerra…
“C’è gente che si diverte a screditare il lavoro degli altri. È un’inutile attività che non conosco e non pratico. Anche perché prima o poi i nodi vengono al pettine…Inoltre, non ho tempo per le chiacchiere. Il mio lavoro, come ti ho raccontato, è un lavoro faticoso, che m’impegna molto. Queste persone evidentemente di tempo ne hanno tanto. Pensa, una volta hanno detto che la braceria aveva chiuso per fallimento. Un’altra che avevo cambiato sede indicando un nuovo falso indirizzo. Un’altra che non offrivo più prodotti genuini. Un depistaggio… Insomma, persone che evidentemente non vedevano e non vedono di buon occhio il fatto che il mio locale sia sempre super frequentato da gente che arriva da tutta la Puglia. Non voglio parlare d’invidia, ma è sicuramente qualcosa che si avvicina molto…”.
E i tuoi figli?
“I miei figli, come spesso accade, hanno preso strade diverse dalla mia. Hanno studiato tutti e tre. Si sono laureati e ora sportano avanti le loro carriere. Non so se tutto finirà con me. So solo che ora non ho alcuna intenzione di smettere un’attività che ho curato e difeso con tutto me stesso. Al contempo, sono molto orgoglioso dei miei figli, di quello che stanno facendo, dei loro studi, della loro vita. Sì… Sono davvero orgoglioso. Così come sono orgoglioso di quello che ho costruito insieme a mia moglie. Del resto, non ho mai cercato il guadagno facile e proprio per questo mi sono potuto permettere il lusso di vendere carne genuina e a buon prezzo. Un’altra cosa che mi inorgoglisce è quando la gente ritorna nel mio locale per dirmi che ha apprezzato i piatti della nostra tradizione che continuo a proporre in ricordo di tempi che non ritorneranno più…”.

So che hai ancora dei progetti…
“Ti anticipo solo che parteciperò ad alcune trasmissioni TV sulla buona cucina. Il mio nome è stato segnalato da alcuni chef (di grido) che mi hanno invitato a partecipare ad alcuni concorsi sulle tradizioni culinarie e approfitterò dell’occasione per far conoscere i nostri piatti a base di carne (e non solo…). Dunque, si mettano l’anima in pace coloro che mi guardano con stizza perché non ho alcuna intenzione di fermarmi o di cambiare la qualità del cibo che propongo ai clienti: per me era e rimane un fatto puramente culturale”.