Due di loro erano i killer del clan Carbone-Gallone
Stamattina, in un’operazione congiunta, i carabinieri del Comando Provinciale di Bari, delle Compagnie di Locri (Rc) e Foggia, hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare restrittiva, a vario titolo, emessa dal GIP del Tribunale di Bari, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, nei confronti di sette persone con l’accusa di detenzione e traffico di sostanze stupefacenti e armi comuni da sparo e armi da guerra.
1. CAPOGNA Luisa, 39nne, in carcere
2. PRESTA Armando, 50enne, in carcere
3. ROMANELLI Salvatore, 39enne, in carcere
4. SEBASTIANI Emanuele, 45enne, in carcere
5. LUPO Debora, 23enne, domiciliari
6. ROMANELLI Gennaro, 66enne, domiciliari
7. SOLDANO Luca, 45enne, domiciliari
Le intercettazioni in carcere hanno consentito di accertare che tra gli indagati esisteva un forte legame di “mutuo soccorso”, per esempio, alle spese legali a seguito dell’arresto dei Romanelli, avrebbe provveduto, insieme ad altre persone, Luca Soldano e che le famiglie degli arrestati ricevevano comunque un sostegno economico, anche se dalle intercettazioni è emerso il rammarico per la mancanza di questo genere di supporto nella circostanza.
Inoltre, dalle indagini, affidate ai Carabinieri di Trani, è emerso che l’abitazione del 66enne, incensurato, Gennaro Romanelli, era utilizzata frequentemente come “base logistica” per la detenzione di droga e armi, infatti, per nascondere una pistola, da consegnare ad Emanuele Sebastiani, Debora Lupo, moglie di Salvatore Romanelli e nuora di Gennaro, aveva utilizzato un fasciatoio per bambini.
La vicenda ha inizio il 13 aprile 2019, quando Carabinieri di Trani arrestarono i due Romanelli perché trovati in possesso di 4 kg di droga, tra hashish e marijuana, di un giubbotto antiproiettile, di un revolver e di una mitraglietta da guerra con elativo munizionamento. I due congiunti nell’occasione furono arrestati. Successivamente la Procura Distrettuale di Bari, appurò che il domicilio dei Romanelli era effettivamente utilizzato come “deposito” di droga, da cui Luisa Capogna, si riforniva per poi consegnarla agli spacciatori Armando Presta, Emanuele Sebastiani e Luca Soldano, che ne avrebbero provveduto allo smercio.
Sia il Presta che il Sebastiani erano già stati raggiunti da misura cautelare in carcere in quanto considerati il gruppo di fuoco a disposizione del clan Carbone-Gallone, antagonisti del clan Valerio-Visaggio. Le indagini hanno inoltre svelato che i due malavitosi si preparavano a compiere un agguato contro il clan rivale nel comune di San Ferdinando di Puglia. Propositi omicidiari, sventati dalle indagini effettuate dai Carabinieri anche nei comuni di Trani e Bisceglie. E fu a Bisceglie che, nel 2019, venne arrestato Armando Presta per violazione della sorveglianza speciale a cui era allora sottoposto.
Diciamo che i primi mesi del 2019 sono stati interessati da forti “movimenti” da parte dei gruppi criminali organizzati che operavano tra il sud Foggiano e il nord della provincia della BAT e che l’impeccabile direzione dell’Autorità Giudiziaria della Procura Distrettuale Antimafia di Bari, supportata da un intensissimo e proficuo coordinamento “real time” dei Carabinieri, ha consentito di contenerne le conseguenze più gravi.
Grazie alla incessante attività delle forze dell’ordine, sia il Presta che il Sebastiani sono stati, infatti, già condannati in primo grado, col rito abbreviato, a 3 anni e 4 mesi di reclusione e a 10 mila euro di multa, per i reati contestati loro con l’aggravante del metodo mafioso (416bis 1).