Bari, terrorismo
Quattro cittadini di origine albanese, da anni residenti in Italia, sono stati gravati da un’ordinanza applicativa di misure cautelari emesse dal G.I.P. del Tribunale di Bari, su richiesta del Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia. Il provvedimento è stato eseguito dai poliziotti della DIGOS di Bari.
Su di loro graverebbero pesanti indizi di colpevolezza (accertamento compiuto nella fase delle indagini preliminari che necessita della successiva verifica processuale nel contraddittorio con la difesa) per finanziamento di condotte con finalità di terrorismo in concorso e istigazione a delinquere aggravata.
I provvedimenti scaturiscono da un’indagine della DIGOS di Bari, avviata nell’aprile 2020, anche sulla base delle informative dell’AISI (Agenzia informazioni e sicurezza interna), sviluppate con il coordinamento infooperativo della Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione (Servizio Contrasto al Terrorismo Esterno), da cui emergono gravi indizi a carico dei 4 albanesi.
Secondo l’impostazione accusatoria, i quattro, insieme ad altre persone, in via di identificazione, avrebbero raccolto e messo a disposizione denaro destinato, tutto o in parte, ad attività terroristiche.
In particolare, l’iniziativa consisteva nel promuovere, nell’ambito della Comunità Islamica di Bari, una raccolta fondi destinata a offrire assistenza ad un imam albanese, arrestato nell’aprile 2014 dalle autorità albanesi con l’accusa di aver guidato una cellula di reclutamento dell’ISIS, attiva nell’area balcanica, che operava nelle moschee.
L’imam, inoltre, era stato ritenuto, responsabile dell’invio di decine di combattenti in Siria e di aver promosso una divisione religiosa tra la popolazione musulmana albanese e la comunità cristiana. Per questo, dalla giustizia albanese, era stato condannato, in via definitiva, a 17 anni di carcere.
Le indagini, svolte con moderne tecniche di monitoraggio delle comunicazioni via web, associate a capillari controlli del territorio, hanno consentito di raccogliere gravi indizi in merito alle condotte dei quattro, circa la detenzione di video ed audio di propaganda dell’Isis/Daesh, la condivisione di documenti e comunicati di ideologia filo-jihadista, tradotti in lingua albanese, (tra cui comunicati a ex leaders dello Stato Islamico – Abu Bakr AL BAGHDADI e del suo successore Ebu Ibrahim El Hashimi EL KURESHI), proclami redatti dallo stesso imam.
I quattro soggetti, secondo l’impostazione accusatoria e sempre salva ogni valutazione nelle fasi processuali successive alle indagini, nel contraddittorio delle parti, avrebbero evidenziato, nel corso delle investigazioni, un’attestazione religiosa radicale, secondo la quale anche il “Covid 19”, in perfetta linea con alcune teorie di matrice jihadista, doveva essere considerato “un minuscolo soldato di Allah”, inviato sulla Terra per punire la miscredenza degli occidentali.