La Teologia di Roberta Simini: Gesù e i Samaritani

Ma chi sono i samaritani di cui parlano i Vangeli? E qual era il loro rapporto con i giudei? Perlustreremo con l’aiuto della professoressa Simini questo delicatissimo ambito alla scoperta delle differenze sostanziali legate alla fede

I Vangeli ci presentano in diverse occasioni Gesù che si relaziona con i samaritani o parla di loro. In Giovanni 4,1e segg. Gesù, nel suo viaggio dalla Giudea alla Galilea, passa per la Samaria, e al pozzo di Giacobbe ha sete e chiede da bere ad una donna samaritana, giunta lì ad attingere, in Luca 10,25-37, Gesù fa del buon samaritano un esempio di carità e amore fraterno che supera le differenze e i reciproci rancori, il samaritano presta al mercane giudeo rapinato e ferito l’assistenza che il sacerdote e il levita si sono rifiutati di prestare, infine in Luca 17,11-14, dei dieci lebbrosi guariti da Gesù, uno solo torna indietro a ringraziarlo, un samaritano.

Ma chi sono i samaritani di cui parlano i Vangeli? E qual era il loro rapporto con i giudei?

I samaritani sono i discendenti di quelli israeliti che non furono deportati a Babilonia da Nabucodonosor tra il VII e il VI secolo a.C.

Abitanti del regno d’Israele, non furono catturati dai babilonesi e restarono nel loro territorio, contemporaneamente popolazioni pagane, sempre semitiche, vennero costrette a stabilirsi in Israele, mischiandosi con gli ebrei autoctoni, attraverso matrimoni misti.

I samaritani sono indiscutibilmente discendenti di Abramo, ancora oggi c’è una comunità di circa un migliaio di persone in Israele. Custodiscono il culto di Adonai e hanno un Esateuco, come libro sacro, una versione del Pentateuco, non considerano sacri i libri dei profeti e degli agiografi, ma credono nella venuta del Messia e nella resurrezione dei morti.

Considerati eretici dai giudei e quasi pagani, erano disprezzati. Avevano costruito un loro tempio sul monte Garizim e quivi ufficiavano sacrifici anche dopo la distruzione del tempio di Gerusalemme.

Considerati una setta eretica, non avevano rapporti con i giudei, che li consideravano impuri, alla stregua dei pagani.

In un primo momento Gesù vieta ai discepoli di predicare nelle città della Samaria, dirà infatti: “sono venuto per le pecore smarrite della casa d’Israele”, (Mt 15, 24-25) ma ben presto cambierà orientamento davanti alla fede che dimostrano in tante occasioni i gentili, si pensi al centurione romano e alla cananea.

Gesù ha sete, è seduto sul bordo del pozzo, ma non ha nulla per attingere l’acqua, ne chiede un po’ alla samaritana che si schernisce. La donna è meravigliata che un giudeo rivolga la parola a lei samaritana e per giunta donna. Non era consueto, forse neppure opportuno nella mentalità giudaica. Gesù porge alla donna l’annuncio della redenzione, le spalanca le porte della salvezza e la donna accoglie questo immenso dono e lo porta ai suoi. “Non crediamo più sulla tua parola, ma perché abbiamo visto con i nostri occhi la salvezza” le diranno le persone accorse al pozzo però sulla sua parola. Tanto grande era l’attesa del Messia, che anche le parole di una donna e neppure di buona fama, bastarono a fare correre la gente al pozzo. I più lontani sono i più vicini è proprio vero.

La parabola del buon samaritano poi offre a Gesù l’esempio della differenza tra una religiosità formale, fatta dal rispetto di regole dettate dall’uomo e una vera religiosità fatta di amore per il prossimo e carità. 

Il sacerdote ed il levita, che passando vedono il malcapitato, coperto di sangue, e non si fermano, operano una scelta precisa. Erano diretti al Tempio per officiare, se avessero toccato l’uomo ferito, il suo sangue li avrebbe resi impuri e non sarebbero potuti neppure entrare nel Tempio. Il samaritano è libero da queste convenzioni così rigide e inumane, ha pietà, non guarda all’appartenenza etnica e religiosa del ferito, lo cura, lo benda, lo carica sulla sua cavalcatura e lo porta all’ostello, paga per lui e promette di saldare al suo ritorno. Questa è la religiosità che Gesù vuole, il rispetto delle forme senza l’anima non interessa a Dio.

L’episodio dei lebbrosi si commenta da solo. Per i giudei tutto era loro dovuto, per il solo fatto di appartenere al popolo eletto.

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Roberta Simini

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