L’Ultima Cena
Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era giunta la Sua ora di passare da questo mondo al Padre (Gv 13,1), Il primo giorno degli azzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: “Dove vuoi che ti prepariamo per mangiare la Pasqua?” (Mt 26,17).
Era uso tra i figli d’Israele consumare la Pasqua nel giorno 14 del mese di Nisan, in quell’occasione chi poteva si recava a Gerusalemme per sacrificare l’agnello, come prescriveva la Torah. Il rituale della festa di Pasqua si fondava sul pasto consumato insieme alla famiglia e agli amici più intimi. In quella circostanza si commemorava l’uscita dall’Egitto, si mangiavano gli azzimi, cioè pani non lievitati e l’agnello, solo però se sacrificato nel Tempio di Gerusalemme.
Chi non poteva recarsi a Gerusalemme non poteva consumare l’agnello, ma doveva accontentarsi del Charoset (miscela di frutta e noci tritate finemente), delle verdure amare, (lattuga su tutte) e dei pani azzimi e altre vivande.
Gesù volle consumare la Pasqua prima della data stabilita, senza sacrificare l’agnello nel Tempio, perché il sacrificio degli agnelli sarebbe avvenuto solo il giorno dopo, in quell’anno il venerdì.
Cosa prescriveva il rituale di Pasqua in questi casi? L’agnello veniva sostituito dal pane azzimo.
Dopo la distruzione del Tempio non è stato più possibile, per gli ebrei, mangiare l’agnello nel giorno di Pasqua.
Le schiacciate di pane azzimo si chiamano mazoth, si impilano a gruppi di tre, una sull’altra. La prima mazah ha un intacco sulla sommità, la seconda ne ha due, la terza tre. La seconda mazah si chiama Afikomen, ossia agnello. È questa la mazah che sostituisce simbolicamente l’agnello immolato nel Tempio.
Colui che presiede il rituale (seder), il capofamiglia, prende l’Afikomen e lo mette tra la tovaglia e la sopra tovaglia, fino al termine della cena.
Il seder prevede diverse benedizioni, durante il pasto, le ultime due sono sul calice di vino e sul pane, precisamente sull’Afikomen. Il presidente ringrazia Dio per il dono del pane e del vino e per tutte le grazie ricevute dal popolo e offre l’agnello così rappresentato in espiazione dei peccati.
Gesù presiede questa cena, le sue parole, i suoi discorsi ci sono tramandati dai Vangeli, ma il gesto più significativo, il vero discrimine tra Antico e Nuovo Gesù la compie al momento di queste benedizioni. L’Afikomen, che rappresenta l’agnello, viene spezzata e distribuita solo ai commensali appartenenti al popolo ebreo, non è un semplice pezzo di pane azzimo, ancora oggi, costituisce per gli ebrei l’appartenenza all’Alleanza con il Signore.
Gesù dà a questo gesto un significato assolutamente nuovo: “Prendete e mangiatene tutti, questo è il mio Corpo” “Prendete e bevetene tutti questo è il mio sangue versato per voi e per tutti in remissione dei peccati”. (Mt 26,23 e segg.)
Gesù proclama di essere Lui l’agnello che toglie i peccati del mondo, non solo del popolo ebreo, ma di tutti i popoli della terra. “Fate questo in memoria di me”.
“Ecco Io faccio nuove tutte le cose”(Ap 21,5)
Il Figlio di Dio, che già si era umiliato facendosi uomo, prendendo la nostra carne, la nostra materialità, Lui che i cieli non possono contenere, ora si fa pane, si fa cibo, si fa segno di comunione e appartenenza, segno di salvezza, tangibile, concreto, si consegna in balia di questa umanità carica di contraddizioni e di peccato.
Vengono i brividi a pensare a quanto grande è l’amore di Dio per questa creatura limitata, ribelle, assolutamente immeritevole, che però Lui sa trasformare in fuoco d’amore, come dimostrano i tanti martiri e santi che ci accompagnano in questo cammino di speranza.
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L’Ultima Cena
Cara Roberta, quante cose ancora ho da…imparare ! Grazie!