Omicidio Bitonto
Un dramma consumato tra le mura domestiche, con un uomo di 75 anni che ammette di aver tolto la vita alla moglie, adducendo presunti tradimenti, mentre sullo sfondo emergono ombre legate a questioni economiche.
Un velo di orrore e interrogativi avvolge la tranquilla cittadina di Bitonto, teatro di un dramma familiare dalle tinte fosche. La quiete apparente di una mattinata primaverile è stata squarciata da un atto di violenza inaudita, un femminicidio che lascia sgomenta l’intera comunità. Protagonisti di questa tragica vicenda, un anziano di 75 anni, Vincenzo Visaggi, e la sua consorte, Lucia Chiapperini, la cui vita si è spezzata sotto i colpi di una furia cieca.
L’uomo, ora reo confesso, ha ammesso di aver posto fine alla vita della moglie con un numero impressionante di fendenti. Sebbene il racconto iniziale parlasse di oltre venti colpi, l’esame medico legale ha rivelato una scena ancora più cruenta, con quaranta ferite riscontrate sul corpo della povera donna, segni di un’aggressione brutale che non le ha lasciato scampo. Alcune di queste lesioni, localizzate sulle mani, suggeriscono un disperato tentativo di difesa.
Mentre gli inquirenti lavorano per ricostruire con precisione la dinamica degli eventi, avvalendosi anche di accertamenti tecnici, il movente di tale efferato gesto resta ancora avvolto da una fitta nebbia di sospetti e accuse contrapposte. I figli della coppia, ascoltati subito dopo il ritrovamento del corpo, hanno orientato le indagini verso dissidi di natura economica, ombre lunghe gettate su un’eredità recente. Il marito, dal canto suo, nella sua confessione iniziale alle forze dell’ordine, ha parlato di presunte infedeltà coniugali, indicando un tradimento come scintilla dell’aggressione.
Davanti al giudice, durante l’interrogatorio di garanzia, l’uomo si è avvalso della facoltà di non rispondere, mantenendo un silenzio carico di tensione. Tuttavia, nella sua precedente confessione al PM, aveva accennato a uno stato di profonda prostrazione e al dubbio di non essere il padre biologico dei suoi figli, basandosi su presunti test del DNA e su un allontanamento affettivo da parte della prole, addebitando alla moglie un presunto “disonore”.
La versione fornita dai figli, tuttavia, dipinge un quadro differente, segnato da recenti litigi incentrati sulla spartizione di un’eredità familiare e da un clima di tensione tale che la donna, dopo aver subito presunte minacce con un’arma da taglio, aveva trovato rifugio presso l’abitazione di una figlia. Il suo ritorno nella casa , quella mattina, sarebbe stato motivato dal timore di un gesto estremo da parte del marito, il quale aveva manifestato intenti suicidi. Ma ad attenderla, secondo la ricostruzione degli inquirenti, non vi era un uomo disperato, bensì una furia cieca armata di forbici
La confessione dell’uomo ha rivelato dettagli agghiaccianti: una sequenza di colpi inferti al torace, sordo alle implorazioni della moglie di fermarsi, e un’azione brutale continuata anche quando la donna, ormai esanime, giaceva a terra in un lago di sangue, guardata con indifferenza dall’aggressore. L’intera sequenza del delitto, agghiacciante testimonianza di una violenza inaudita, sarebbe stata immortalata dalle registrazioni audio delle telecamere installate nell’abitazione, un’eco straziante delle richieste d’aiuto della vittima che si mescolano alle imprecazioni furiose del suo carnefice.
Il giudice per le indagini preliminari ha parlato di un “non comune accanimento”, di colpi ripetuti e di un “urlo, in preda ad una furia del tutto incontrollabile, che doveva morire”. L’assenza di rimorso mostrata dall’uomo di fronte al corpo inerte della moglie, accompagnata da un’ostinata recriminazione su presunti tradimenti, ha ulteriormente aggravato il suo quadro accusatorio. La “spropositata violenza” e la “probabile sovrabbondanza di gesti lesivi” fanno ipotizzare agli inquirenti che l’aggressione non sia stata un mero impeto, ma frutto di una “fredda e lucida determinazione”, forse un piano premeditato con l’intento di attirare la moglie in una trappola mortale.
Il giudice ha sottolineato come l’azione omicidiaria sia stata espressione di “spietatezza ed accanimento”, alimentata dalla convinzione di un tradimento reiterato e dal dubbio sulla paternità dei figli, verso i quali l’uomo manifestava un “cieco risentimento”, accusandoli di abbandono. Proprio questo risentimento e questa furia cieca fanno temere agli inquirenti la possibilità che l’uomo possa commettere ulteriori “reati della stessa indole, per finalità punitive o di ulteriore vendetta a danno della restante parte della famiglia”.
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