Giudice antimafia leccese
La giudice antimafia Maria Francesca Romano, già sotto scorta, è stata oggetto di un altro grave atto intimidatorio nella notte tra giovedì e venerdì, quando si è trovata davanti alla porta di casa la testa di un capretto insanguinata e infilzata da un coltello da macellaio. La magistrata, coinvolta nell’operazione antimafia “Wolf” dello scorso 17 luglio, ha immediatamente allertato le forze dell’ordine.
Gli atti intimidatori nei confronti della giudice Romano hanno avuto inizio dopo l’operazione “Wolf”, che ha portato all’arresto di 22 persone appartenenti al clan Lamendola-Cantanna, affiliato alla Sacra Corona Unita. Il gruppo criminale gestiva affari illeciti sul territorio, e la forza di intimidazione ad esso attribuita aveva piegato la comunità.
Il 34enne latitante Gianluca Lamendola, figura di spicco del clan, è stato arrestato nel novembre scorso. Dopo la sua cattura, la giudice Romano è stata posta sotto scorta, insieme alla procuratrice Carmen Ruggiero, titolare dell’inchiesta. Le due magistrate avevano definito il clan come dotato di una “forza di intimidazione che aveva piegato il territorio”.
La notte dell’atto intimidatorio, la giudice ha riferito di aver udito rumori e, pensando fossero gatti litiganti, si è recata a controllare, scoprendo la macabra scena. La presenza di un biglietto con la scritta “Così” ha aumentato la gravità dell’episodio.
Giudice antimafia
Questo non è il primo gesto intimidatorio contro la giudice Romano: lo scorso 23 novembre, aveva ricevuto una lettera minatoria scritta con il sangue.
La comunità e le istituzioni esprimono solidarietà e supporto verso le magistrate Romano e Ruggiero, ribadendo l’importanza di un impegno condiviso nella lotta contro la mafia e la tutela dei difensori della legalità.