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Bari e Foggia – 11 persone finiscono in carcere per corruzione e atti contrari ai doveri d’ufficio e per turbativa d’asta. Il dominus, un imprenditore di Lucera

Bari e Foggia – 11 persone finiscono in carcere per corruzione

L’ordinanza applicativa delle misure cautelari personali nei confronti delle 11 persone (una in carcere, due ai domiciliari, sei sospese dall’esercizio nei pubblici uffici per 12 mesi e due raggiunte dal divieto di contrattare con la pubblica amministrazione per un anno), va avanti da questa mattina in Puglia, Campania, Molise e Lazio.

L’esecuzione dell’ordinanza, emessa dal Gip del Tribunale barese, su richiesta della locale Procura, è stata affidata ai finanzieri del Comando Provinciale di Bari – con il supporto del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata della Guardia di Finanza.

Gli indagati (accertamento compiuto nella fase delle indagini preliminari che necessita della successiva verifica processuale nel contraddittorio con la difesa) sono accusati, a vario titolo, di corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio e turbata libertà degli incanti, relativamente a fatti commessi, tra il 2019 e il 2021, nelle province di Bari e Foggia. Per due di loro, inoltre, è in corso un sequestro di beni pari a 100.000 € per corruzione.

L’indagine ha svelato un “quadro inquietante di collusione e mercificazioni seriali della funzione pubblica” grazie alla compiacenza di alcuni pubblici ufficiali che avrebbero contribuito ad alimentare un collaudato meccanismo di “addomesticamento” e “manipolazione” di procedure di gara per lavori eseguiti nella città metropolitana di Bari e in diversi Comuni della provincia di Foggia.

Le investigazioni sono partite dopo le dichiarazioni di una persona che era a conoscenza degli accordi corruttivi esistenti tra un imprenditore di Lucera ( presunto dominus) e un dirigente pubblico su alcune gare di appalto indette da una struttura commissariale. Dichiarazioni subito approfondite dai finanzieri che, così, hanno potuto acquisire un grave quadro indiziario di plurimi reati contro la Pubblica Amministrazione.

Secondo il G.I.P. (allo stato, fatta salva la valutazione nelle fasi successive con il contributo della difesa) le indagini avrebbero evidenziato la centralità dell’imprenditore lucerino (ora in carcere) nei fatti contestati, che si avvaleva, tra l’altro, della collaborazione della figlia (attualmente ai domiciliari). Dalle intercettazioni è emerso, infatti, che l’uomo avrebbe dato ordine a un sindaco, pilotato la formazione di commissioni aggiudicatrici, individuato preventivamente i partecipanti alle gare, con il fine di escludere possibili concorrenti, tutto dopo aver ottenuto con largo anticipo informazioni precise sui lavori che sarebbero stati affidati.

In breve tempo e in almeno cinque episodi, l’imprenditore, che annotava scrupolosamente le tangenti corrisposte, facendo così intendere agli investigatori la serialità dell’attività illecita e che, insieme agli indagati utilizzava espressioni gergali, come “caramelle”, “ossigeno”, “sciangè”, “polizze” e “documenti” per rendere più difficile la comprensione del reato, avrebbe organizzato una “fitta quanto articolata trama corruttiva”, nei quali sarebbe stata accertata la consegna di:

– 60.000 euro al soggetto attuatore di una struttura commissariale operante in Puglia, quale corrispettivo per garantire l’aggiudicazione di un appalto integrato concernente la realizzazione di lavori in bacini idrografici. In tale contesto, emergerebbe il ruolo, quale “mediatore”, di un dipendente del Comitato Olimpico Nazionale Italiano (C.O.N.I.) (destinatario della misura cautelare degli arresti domiciliari);

– 5.000 euro a un componente della commissione giudicatrice del suddetto appalto, che avrebbe “alzato” artificiosamente il punteggio dell’impresa vincitrice;

– 5.000 euro a un funzionario della Regione Puglia, per avere orientato le scelte e le decisioni sugli interventi da finanziare privilegiando gli enti locali rispetto ai quali vi era un interessamento del citato imprenditore all’affidamento di lavori;

– 36.000 euro al componente della commissione giudicatrice di una gara, avente ad oggetto l’esecuzione di un intervento di adeguamento sismico in una scuola primaria, quale corrispettivo per l’attribuzione di un punteggio maggiore all’offerta tecnica presentata;

– 3.000 euro a un RUP per ottenere l’affidamento di lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria del demanio idrico superficiale.

Nel corso delle investigazioni sarebbero state, inoltre, accertate “sistematiche” turbative d’asta, in relazione a sette procedure, riguardanti altrettanti comuni dell’entroterra foggiano, sovrapponibili per l’identico modus operandi adottato.

Nello specifico, il “dominus” del sistema avrebbe preventivamente individuato le ditte partecipanti alle gare, scegliendole tra quelle sprovviste dei requisiti tecnici o comunque non in grado di “dargli fastidio” nella fase di aggiudicazione delle singole commesse.

Sarebbe, altresì, emerso un collaudato sistema collusivo, che prevedeva la spartizione degli appalti in maniera coordinata con l’avallo di funzionari pubblici titolari dei poteri decisori in ordine all’indicazione dei lavori e alla scelta dei contraenti.

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Elvira Zammarano

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