La Puglia e i maremoti: la nostra regione può essere interessata?

Il punto di Giovanna Amedei, Presidente dell’Ordine dei geologi della Puglia

“Subito dopo il terremoto del 6 febbraio 2023, di magnitudo Mw 7.9, avvenuto nella parte  sud-orientale della Turchia, il Centro allerta tsunami (Cat) dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) ha inviato al Dipartimento di protezione civile (Dpc) un messaggio di allerta (tsunami) per tutte le coste del Mediterraneo. Il messaggio è stato subito diramato dal Dpc al Sistema nazionale di Protezione civile”.

La Puglia e i maremoti: la nostra regione può essere interessata?

A questo punto, spiega Giovanna Amedei, nonostante la nostra regione abbia “una sismicità medio-bassa, ci si è posti il problema se la Puglia possa essere interessata da questi fenomeni”. Sappiamo che “ la nostra regione, dal punto di vista geologico-geofisico, è contornata da zone dal profilo tettonico attive come il Gargano e l’arco Calabro, le zone costiere del mar Adriatico che comprendono Croazia, Montenegro e Albania ad est, l’arco ellenico occidentale e l’area dell’isola di Cefalonia a sud-est. Anche la morfologia e la geolitologia dei fondali, in alcuni tratti della costa pugliese, può essere soggetta a movimenti franosi che possono, a loro volta, generare maremoti”.

Si ricordano, a riguardo, diversi eventi significativi, “quello multiplo del  5 dicembre 1456, che colpì aree epicentrali dislocate lungo la catena appenninica che interessarono la Puglia meridionale (Lecce e Brindisi), Abruzzo, Molise, Basilicata e Campania, quello del 30 luglio 1627, che si verificò nella zona del Gargano con onde che raggiunsero i 5 m di altezza o il maremoto del 5 aprile 1667 sulle coste brindisine che fu originato da un forte terremoto avvenuto lungo il litorale della Dalmazia e ancora, quello del 20 marzo 1730 che colpì Siponto e Barletta a seguito di un altro forte terremoto vicino Foggia e il maremoto del 20 febbraio 1743 con effetti registrati a Brindisi e Otranto e, infine, lo tsumani di Mattinata dell’8 dicembre 1889”.

“Per questi motivi – ribadisce la Presidente – dal 2017 in Italia è stato istituito il Sistema di allertamento nazionale per i maremoti (Siam) – costituito sul modello di quelli già attivi negli oceani Pacifico ed Indiano e nel mar dei Caraibi -, con l’Ingv che opera attraverso il Cat, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) e il Dpc. Il Cat dell’Ingv valuta la possibilità che un terremoto, con epicentro in mare o vicino alla costa, possa generare un maremoto” mentre “Il Dpc, sulla base di queste valutazioni, diffonde i messaggi di allerta al fine di attivare, nel minor tempo possibile, il Servizio nazionale di protezione civile e informare la popolazione”, alla fine, “I dati mareografici, forniti da Ispra, consentono di confermare o meno l’eventuale maremoto”.

“Il problema di base – continua la Presidente –  è che il Mediterraneo è poco ampio, quindi in caso di importanti anomalie del livello del mare i tempi di arrivo delle onde sono molto brevi e questo può ridurre la possibilità di allertare la popolazione”, per cui, “E’ necessario conoscere bene le norme di comportamento e i Piani di Protezione civile relativi ai maremoti che non solo devono essere predisposti ed aggiornati, come prevede la Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 17 febbraio 2017, ma devono essere divulgati in modo che ognuno sappia come comportarsi”. “A questo – conclude – occorre aggiungere una migliore pianificazione del territorio, con interventi mirati di messa in sicurezza delle aree a rischio e questo soprattutto dove insistono anche altre pericolosità come quelle geomorfologiche”.

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Elvira Zammarano

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