Perché l’uomo moderno, ancor più evidente nella società post-covid19, sembra aver perso il proprio desiderio di libertà?
Per provare a rispondere a questa domanda mi ispirerò al pensiero di un brillante tanto quanto lungimirante studioso, Erich Fromm. Cercherò in costui una chiave interpretativa che mi aiuti nella lettura critica di questo presente, dalle tinte fosche, dove l’agire umano sembra aver smarrito il suo senso e i suoi valori. Parafrasando il pensiero di Fromm, potremmo dire che viviamo in una società nevrotica fatta di soggetti che per fuggire dalla frustrazione, dal senso di vuoto e d’inadeguatezza scelgono, irrazionalmente, di rinunciare al proprio io soggettivo in favore di un io sociale che dia loro l’illusione di far parte di un tutto esterno, più grande, potente e sicuro, capace di sollevarli dal peso del dover gestire da soli un sentimento così complesso e impegnativo come la libertà . Per fare ciò l’individuo ricorre, essenzialmente, a due tipi di pulsioni: quella “masochistica” e quella “sadica” – intese in accezione morale e non sessuale – . Alla prima si affida buona parte del popolo; della seconda, invece, se ne arroga il diritto la classe dirigente che detiene posizioni di potere. Se pur apparentemente antitetiche le due tendenze sono legate da un elemento comune: la dipendenza dall’oggetto, in un rapporto di complementarietà. Tale “oggetto” è rappresentato, per il popolo masochista, dal potere sadico e, per il potere sadico, dal popolo masochista . Senza il corrispettivo oggetto-alter ego nessuna delle due posizioni avrebbe ragione di esistere e senza la presenza di un tessuto sociale nevrotico che le ospiti, non potrebbero mai essere legittimate e declinate a “normali” strategie di adattamento o a comuni protocolli sociali. Da questa perversa dinamica deriva una sorta di sindrome di Stoccolma dove, però, il paradosso deviante non viene percepito, in quanto i soggetti operano in un contesto che è esso stesso malato e per tale motivo impossibilitato a rilevare il tratto patologico dei suoi membri di appartenenza.
Come uscirne, dunque?
A parere di chi scrive, urge una rivoluzione interiore, intima, persino spirituale…che riconduca l’essere umano ad una sana individualità; che lo riappropri del potere personale – empowerment -restituendogli un ruolo attivo e identitario nella società (anziché passivo, remissivo, masochistico); che ridefinisca la sua capacità di autodeterminarsi e di percepirsi come individuo completo, facente parte di un sistema con il quale stabilire legami virtuosi, e non di dipendenza/sottomissione. Senza tale atto evolutivo temo purtroppo che si continueranno a generare società nevrotiche fatte da individui che, al fine di adattarvisi, reitereranno all’infinito tendenze psicotiche e devianti, in un circolo vizioso senza fine.
Concludo con un’eloquente descrizione di Dostoevskij, tratta da I Fratelli Karamazov , che ben si adatta al tema trattato e che perfettamente riassume il desiderio di fuga dalla libertà dell’uomo moderno: “non sente bisogno più urgente di quello di trovare qualcuno a cui poter cedere quel dono della libertà con il quale egli, creatura sfortunata, è nato”.