Potrebbe sembrare una vicenda tutta interna alla Giustizia, ma il caos nella magistratura italiana pare travolgere anche politica e imprenditoria, con foschi rapporti di potere.
Al “centro del villaggio” è stato posto il CSM – Consiglio Superiore della Magistratura, attorno al quale pare gravitino corruzione e correnti ideologiche.
Assieme alle rivelazioni e alle indagini, ad impattare sulla magistratura italiana potrebbe essere la nomina di Marta Cartabia al Ministero di Giustizia dello scorso febbraio, già Presidente della Corte Costituzionale dal 2019 al 2020.
I fatti del “Palamaragate”
Vediamo ora quali sono i passaggi che hanno portato al caos nella magistratura italiana, oggi su giornali e telegiornali, oltre che nei talk show.
Era il maggio 2019 e il cellulare di Luca Palamara è “infettato” da un “trojan”, virus utilizzato per tracciare le conversazioni audio e testo.
E non era un caso, i sospetti di illeciti vi erano già, evidentemente. Nello stesso periodo, poi, il Csm viveva una grande tensione, per la nomina del nuovo Procuratore generale di Roma, vacante dopo il pensionamento di Giuseppe Pignatone.
Ma siamo più precisi! L’8 maggio dello stesso anno, all’Hotel Champagne di Roma, si è svolta una cena che è risultata importante per le indagini su Palamara ed il suo “sistema”. A quel tavolo, oltre allo stesso ex magistrato, erano presenti altri 5 consiglieri del Csm, due dell’area centrista (Uni. Cost.) e 3 di quella destroide (Magistratura Indipendente). Assieme a loro, due politici: Cosimo Ferri, allora del Partito Democratico oggi renziano, e Luca Lotti, dello stesso PD e già inquisito per il Caso Consip. Durante quella cena, l’argomento scottante era proprio la nomina del Procuratore generale per Roma: il gruppo doveva decidere il successore di Pignatone.
Le indagini su Palamara proseguirono
Palamara resto indagato, fino al maggio 2020, quando la Procura di Perugia chiuse l’inchiesta e depositò gli atti presso il Tribunale.
Tra quegli atti vi erano importanti intercettazioni e chat dell’allora magistrato Luca Palamara, dal 2017 al 2019.
Viene scoperto che, effettivamente, un certo sistema è stato creato: le conversazioni attenzionate riguardano richieste di appoggio per incarichi al Csm, da tutti i candidati.
Scoppia così il “Caso Palamara” ed il 29 maggio viene perquisita l’abitazione di Palamara con l’accusa di corruzione (40 mila Euro per una nomina – accusa poi decaduta) e di rapporti tesi alla corruzione con il lobbista Fabrizio Centofanti e gli avvocati Piero Amara e Giuseppe Calafiore (già indagati a Messina e a Roma).
Appurati gli illeciti, l’Associazione nazionale magistrati aprì un processo su Palamara, che si è concluso con l’espulsione del luglio 2020, confermata nel settembre successivo.
Cosa viene scoperto, dunque?
Cioè che venne alla luce fu un sistema di corruzione e di gestione correntizia nelle nomine del Csm, manovrato proprio da Palamara e da sodali.
Insomma, in una delle istituzioni più importanti dello Stato italiano pare ci fosse un vero e proprio mercato delle nomine, una lotta di potere.
Un altro aspetto, di non poco conto, riguarderebbe la possibilità che tale sistema avesse la funzione di controbilanciare il potere, nella convinzione che la sinistra avesse troppo peso nel mondo giudiziario.
Il caso “Loggia Ungheria”
Il caos nella magistratura italiana si arricchisce, però, di un’altra pagina che deve ancora essere chiarita, e riguarda un avvocato già nominato: Piero Amara.
Ma chi è Piero Amara?
Avvocato già noto alle inchieste come legale esterno dell’Eni, condannato per il “sistema Siracusa”, il pilotaggio di indagini e sentenze in cambio di tangenti.
I fatti di “Ungheria”
Il primo a paventare l’esistenza di tale loggia massonica è proprio Amara, nel dicembre 2019.
Interrogato dal Pubblico ministero di Milano Paolo Storari, Amara nomina per la prima volta la Loggia Ungheria, atta a operare proprio negli ambienti giudiziari.
Tali informazioni, però, non aprono un’inchiesta, pare per una certa lentezza del procuratore milanese Francesco Greco, più volte sollecitato proprio da Storari.
Preoccupato per quanto appreso e per la necessità di agire, Storari informa l’allora consigliere del Csm Piercamillo Davigo, mettendogli a disposizione tali verbali.
Davigo, però, preferisce non adire il procuratore Greco, ma informare personalmente il vice presidente del Csm, David Ermini, per paura di possibili fughe di notizie.
La riservatezza non dura poi tanto e dopo poco la documentazione viene inviata alla stampa, precisamente a “Il Fatto quotidiano” e “La Repubblica” (che non pubblicano il materiale, perché non provvisto dei timbri dell’ufficialità), presumibilmente dalla segretaria amministrativa di Davigo.
Come in passato, con la “Loggia Ungheria”, si profilerebbe un certo lavorio di magistrati, politici ed imprenditori nel pilotare sentenze e nominare procuratori di “fiducia”.
Cosa dicono i magistrati e la massoneria italiana?
Sono diversi i magistrati ad esprimersi sulla sedicente “Loggia Ungheria”, primo su tutti proprio Piercamillo Davigo, ormai magistrato in pensione.
Assieme a Davigo, infatti, alcuni magistrati ritengono essere una “bufala”, ma altrettanti sono concordi nel ritenere reale l’esistenza di intrecci di potere tra parti della magistratura, politici e mass media.
Si è espressa financo la massoneria italiana, almeno quella emersa, per bocca di Stefano Bisi, il Gran Maestro del “Grande Oriente d’Italia”, il quale conferma l’inesistenza di questa loggia, che deve il nome a Piazza Ungheria, a Roma, nei pressi della quale si trova l’abitazione di un magistrato, dove teoricamente si sarebbero tenute, o si svolgerebbero, le riunioni segrete.
La creazione del nuovo Governo, la nomina di Cartabia e la lettera a Mattarella
Nel gennaio-febbraio di quest’anno, però, accade qualcosa che potrebbe intaccare questo sistema e la magistratura: la caduta del Governo Conte e la nomina di Draghi.
Il nuovo Governo dell’ex banchiere Mario Draghi porta in dote diverse personalità forti, tra queste vi è Marta Cartabia alla Giustizia, decisa ad intervenire.
Infatti, ciò che destabilizza il mondo giudiziario italiano è proprio il chiaro programma di Cartabia: riforma della prescrizione e riforma dell’ordinamento giudiziario.
Tali prospettive, non a caso, pare abbiano creato un certo sommovimento, epicentri del quale dovrebbero essere Roma e Milano.
Ma larga parte della magistratura italiana non intende lasciar correre il sistema che si sarebbe palesato e scrive direttamente al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
In una lettera firmata da 67 magistrati, i togati parlano chiaramente della “correntocrazia” fattasi sistema nella giustizia italiana, superabile solo con una selezione dei giudici del Csm attraverso il sorteggio.
L’assoluzione dei vertici ENI aprono un altro capitolo
Nel marzo scorso, ecco un’altra scossa tellurica da Milano: l’assoluzione dei vertici di Eni, accusati di corruzione internazionale nel caso “Nigeria” (acquisizione di OPL 245, un immenso blocco petrolifero nel Paese centro-africano).
L’ipotesi, difatti, delinea un sistema corruttivo di avvocati e magistrati siciliani che potrebbe aver fornito attività di spionaggio giudiziario a favore di Eni.
E proprio in questo caso torna il nome di Piero Amara, il quale potrebbe aver creato un’”associazione” per influenzare i pronunciamenti del Consiglio di Stato.
Una considerazione
Quanto si è prefigurato con il caos nella magistratura italiana, il Palamaragate e la “Loggia Ungheria”, è compito dei giudici stabilirne veridicità ed eventuali colpevoli.
Bisogna però ammettere che il tutto è molto preoccupante, innanzitutto per la tenuta delle istituzioni italiane.
Il nostro Paese conosce da tempo un certo scollamento tra entità statale e cittadini, proprio a causa dell’immobilismo diffuso negli apparati della Repubblica, le lungaggini politiche e giudiziarie e, non ultima, la corruzione che si rende spesso protagonista.
Per i più avveduti, in ultimo, quanto sta venendo fuori da tali notizie non aprirà sicuramente alcun vaso di Pandora, perché consci delle dinamiche esistenti ai più alti livelli istituzionali ed affaristici.
Ma per i comuni cittadini potremmo essere davvero alle battute finali nella fiducia verso le istituzioni di questo Paese, le quali non dovranno meravigliarsi se presto o tardi ci sarà una forte reazione civile.
Massimiliano Lorenzo
https://www.associazionemagistrati.it/doc/3433/santalucia-il-caso-palamara-non-affatto-chiuso.htm