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Covid, Immunizzazione e tempi. E cos’è l’immunità di gregge?

Esiste una differenza dei tempi di immunizzazione tra coloro che si infettano naturalmente e coloro che si vaccinano? E per quanto tempo si rimane immuni? Si parla di immunità di gregge, potremo mai raggiungerla?

A queste e a tante altre domande la scienza sta tentando di rispondere. Per ora i dati, per quel che riguarda l’immunità personale e di gregge, parlano di una grave disomogeneità individuale – causata da vari fattori – che non consentirebbe di raggiungere tali condizioni. Ma andiamo per gradi.

Immunità e memoria immunitaria
Alcuni studi affermano che chi si infetta in maniera asintomatica o in modo lieve, rispetto a chi si ammala gravemente, potrebbe sviluppare una risposta anticorpale altrettanto leggera e, quindi, piuttosto limitata nel tempo. Esattamente come per l’influenza. C’è da dire che il nostro organismo per proteggersi dai patogeni mette in campo una dinamica assai complessa, a “cura” di quattro specifici fattori:

gli anticorpi, veicolati dal sangue, che intercettano ciò che è estraneo per eliminarlo,
le cellule T suddivise in T helper, con il compito di individuare i patogeni e in T killer , che hanno il compito, invece, di neutralizzarli  
le cellule B, che producono nuovi anticorpi in caso di sopraggiunte necessità difensive e che sono le prime ad entrare in campo, ma anche le prime ad uscire.

La dinamica è conosciutissima: a supporto delle cellule B dalla breve vita, arrivano le cellule T, capaci di intercettare il nemico e di sconfiggerlo. Alcune di queste cellule T – dette di memoria – sono quelle che rimangono nel nostro organismo per più tempo e che ci consentono, quindi, una buona immunizzazione.

Il Covid, come il virus dell’influenza? Non proprio
Stando a quello che abbiamo riportato, le persone, una volta contagiate, dovrebbero immunizzarsi per sempre. Non solo, ma, in questo modo, si potrebbe arrivare anche alla cosiddetta immunità di gregge. Per il Covid, però, non è così.

Per spiegarlo è necessario fare riferimento ad altri virus, per esempio al virus influenzale e a quello di una comune malattia esantematica, come la varicella o il morbillo. Questi ultimi patogeni rispetto al virus dell’influenza, hanno dalla loro, un bassissimo grado di mutabilità (non generano varianti), per cui, quando entrano in contatto con l’organismo, sia in modo naturale sia con il vaccino, stimolano una fortissima risposta immunitaria – lifelong immunity – che può durare incontrastata tutta la vita. E la persona può dirsi così immunizzata.

Per il virus dell’influenza invece le cose stanno diversamente, perché muta, e per giunta molto velocemente. Le mutazioni, dunque, sono le armi difensive che mettono in atto certi virus per sopravvivere e questo , a nostro discapito, non consentirebbe l’utilizzo, nel tempo, di un solo e unico vaccino e quindi di ottenere un’immunizzazione duratura. Infatti ogni anno, per contrastare l’influenza del momento, è necessario vaccinarsi con un nuovo farmaco testato ad hoc. Ecco perché molti studiosi paragonano il Covid al virus dell’influenza, proprio per la sua spiccata capacità di mutare e sviluppare varianti.

Che cos’è l’immunità di gregge, la raggiungeremo mai?
Diciamo subito che il quadro non è dei migliori. Come abbiamo detto, se il virus pur di sopravvivere si “camuffa” velocemente per sfuggire a chi lo vorrebbe Ko, altrettanto veloce dovrebbe essere la somministrazione dei vaccini. L’obiettivo, infatti, è quello di evitare il sopraggiungere di quel circolo vizioso che creerebbe le pericolose, quanto naturali, forme di resistenza del virus, sotto forma, di varianti.  

In definitiva, più cerchiamo di combatterlo – il virus – più lui muta per sopravvivere. La disomogeneità individuale, cioè il fatto che non tutti sviluppano la stessa risposta anticorpale e allo stesso modo, in aggiunta alle varianti, alla lentezza della somministrazione dei farmaci, alla mancanza di un protocollo “di cure” universale, rende dunque difficile l’immunità personale e come conseguenza anche quella di gregge.

Tornando al concetto di immunità di gregge, il riferimento qui è strettamente connesso ai vaccini. O meglio, è connesso alla popolazione già vaccinata, almeno del 70%, anche se alcuni studiosi insistono su una percentuale più alta, che, attualmente, non è stata raggiunta neppure da quei Paesi considerati “virtuosi” (Israele).

Inoltre, va detto che la “lenta” pressione (!) esercitata dai vaccini e da tutte le altre pratiche mediche attuate per sconfiggerlo, mettono il virus continuamente sulla difensiva, per cui, non dobbiamo sorprenderci se poi gli effetti degli stessi vaccini sono vanificati e che, chi ha già contratto la malattia, può reinfettarsi e infettare a sua volta.

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Elvira Zammarano

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