Un’intera giornata di lavoro, senza interruzioni, al costo di 70 centesimi l’ora, un alloggio fatiscente, ricavato all’interno della masseria presso cui lavoravano, con un fornellino a gas per preparare i pasti e i servizi igienici all’esterno. Per lavarsi dovevano utilizzare l’acqua contenuta in una cisterna usata anche dagli animali. Erano queste le condizioni di vita e lavorative di due pastori, un ghanese e un maliano di 32 e 27 anni – col permesso scaduto – scoperte dalla “task force” dei Carabinieri.
L’attività delle Forze dell’Ordine, finalizzata a contrastare il triste fenomeno dell’intermediazione illecita e dello sfruttamento del lavoro, mette ancora una volta in evidenza, uno squallido spaccato, fatto di egoismo, supponenza e ignoranza, legato al mondo del lavoro e dell’imprenditoria, a cui mai ci abitueremo.
B.V. e B.L., di 24 e 53 anni, titolari dell’azienda di Poggiorsini, costringevano i due giovani, approfittando del loro stato di bisogno, ad accettare qualsiasi condizione lavorativa, senza il diritto al riposo o alle ferie, a nessun tipo di formazione, così come prevede la normativa, né a visite mediche per accertarne lo stato di salute.
I due imprenditori ora sono agli arresti domiciliari con l’accusa di sfruttamento del lavoro, omessa formazione dei dipendenti sui rischi per la salute e la sicurezza, mancato accertamento delle condizioni di salute dei lavoratori, impiego di lavoratori subordinati “in nero” e il divieto di retribuzione non tracciabile. In oltre dovranno pagare 33mila euro, tra sanzioni ed ammende, con la conseguente sospensione dell’attività produttiva.