Ieri mattina gli agenti della Squadra Mobile e del Commissariato di Pubblica Sicurezza di Gravina di Puglia, hanno arrestato il 68enne Gaetano Scalese, responsabile dell’omicidio di Pietro Capone, avvenuto nel 2014. Il provvedimento cautelare è stato emesso dalla Terza Sezione Penale del Tribunale di Bari che ha accolto il ricorso della Procura della Repubblica, contrario all’ordinanza del G.I.P. che, in prima istanza, aveva rigettato la richiesta della misura coercitiva. Il 68enne di Gravina ora deve rispondere di omicidio aggravato e porto illegale di arma da fuoco allorquando, la sera del 10 marzo 2014, attirò Pietro Capone in un agguato, mentre rincasava, uccidendolo con due colpi alla testa.
Le indagini, coordinate dal Sost. Proc. Di Bari, Fabio Buquicchio, hanno ricostruito nei dettagli i movimenti della vittima e dell’omicida, prima e dopo l’agguato, dimostrando, inequivocabilmente, che la sera del 10 marzo 2014, Gaetano Scalese, individuò la vittima, la seguì, con la propria autovettura, per le strade semideserte della cittadina, la raggiunse e uccise, a pochi metri dalla sua abitazione.
Pietro Capone era considerato da molti il “paladino della legalità” per il suo impegno contro l’abusivismo edilizio. Battaglie che gli avevano procurato numerose denunce e soprattutto tanti nemici tra gli amministratori pubblici e gli imprenditori locali. Ed è questo il contesto in cui è maturato l’omicidio, perché Pietro Capone aveva da tempo intrapreso una serie di iniziative giudiziarie, anche di natura privata, nei confronti di Gaetano Scalese, colpevole, secondo lui, di aver realizzato alcune costruzioni in un terreno confinante con una proprietà della sua famiglia. Tant’è vero che l’omicidio è stato compiuto un mese prima dell’udienza penale iniziata da Capone contro l’assassino.