Il gip, Rita Romano ha confermato la custodia cautelare nel carcere di Bari, per i due maggiorenni (19 e 22 anni) accusati di violenza ripetuta nei confronti di Antonio Stano, l’anziano morto il 23 aprile a Manduria. Dalle indagini è emerso che il 66enne, era oggetto da diversi mesi, di sevizie e torture di una baby gang locale. I ragazzi, dopo aver preso visione dei video delle loro violenze ai danni del povero anziano, disabile e indifeso, hanno dichiarato di essere pentiti. Ad aggravare la posizione della banda sono state le immagini messe a disposizione alle Forze dell’Ordine, dalla fidanzatina di uno dei due. Inoltre, secondo la dott.ssa Romano, dalle riprese è evidente che “Stano è stato fatto oggetto di un trattamento inumano e degradante, braccato dai suoi aguzzini, terrorizzato, dileggiato, insultato anche con sputi, spinto in uno stato di confusione e disorientamento, costretto ad invocare aiuto per la paura e l’esasperazione di fronte ai continui attacchi subiti”. Per questo, “La misura della custodia cautelare in carcere appare sostanzialmente adeguata alla gravità dei fatti, avendo gli indagati dimostrato notevole inclinazione alla consumazione di reati, totale inaffidabilità e completa assenza di freni inibitori”. Inoltre, sempre secondo la Romano, le famiglie degli indagati appaiono incapaci di controllare ed educare i due giovani. Sembra che un parente dei due inquisiti abbia impedito “con le minacce” la diffusione di un video ritraente uno dei due maggiorenni compiere atti di violenza sulla vittima. Da qui la decisione degli inquirenti, di non concedere gli arresti domiciliari a tutti gli imputati. Non è sufficiente proclamarsi dispiaciuti quando vi è preterintenzione nelle azioni e reiterazione delle stesse. E’ poi doveroso riflettere non solo sull’assenza della famiglia dell’anziano disabile costretto a far fronte da solo al suo disagio, ma anche sull’indifferenza di una comunità che è rimasta a guardare in silenzio, e non ultimo, sull’ironico nomignolo che questi “bulletti” si sono attribuiti in un “gruppo social” che però di “sociale” non ha niente.
Forse sui social sono sempre stati impegnati i genitori che hanno lasciato questi figli orfani di senso civico e di umanità! E sui social sarà stata impegnata l’intera comunità che magari virtualmente si indigna per un qualsiasi animale maltrattato, come è giusto che sia, ma nella vita reale rimane indifferente a tali tragedie e fallimenti della nostra specie!
Ecco come i social che dovrebbero creare relazioni non fanno altro che alienarci……Quanta tristezza!