“L’eccidio delle Fosse Ardeatine è stata una delle pagine più tragiche della storia del nostro Paese, un orrendo massacro che ha lasciato un segno profondo nella memoria collettiva”. Così scrive il Presidente della Camera Fico in una nota per celebrare i 75 anni trascorsi dal massacro. E’ il 23 Marzo 1944, giorno del 25° anniversario della fondazione del Partito Fascista, e 17 partigiani dei Gruppi d’Azione Patriottica (GAP), guidati da Rosario Bentivegna, fanno esplodere un ordigno in Via Rasella, a Roma, proprio mentre passa una colonna di militari tedeschi. La rappresaglia tedesca non si fa attendere: la sera stessa, il Comandante della Polizia e dei Servizi di Sicurezza tedeschi a Roma, tenente colonnello delle SS Herbert Kappler, insieme al comandante delle Forze Armate della Wermacht, Generale Kurt Mälzer, propongono che siano fucilati dieci italiani per ogni tedesco ucciso nell’azione partigiana. Il giorno seguente, 24 marzo 1944,i militari al comando dei Capitani delle SS Erich Priebke e Karl Hass, radunano 335 civili italiani, tutti uomini, nei pressi di una serie di cave di pozzolana alla periferia di Roma, sulla via Ardeatina. A essere scelte per poter eseguire la rappresaglia in segreto e per occultare i cadaveri delle vittime, le Fosse Ardeatine, in origine parte del sistema di catacombe cristiane. Priebke e Hass hanno ricevuto l’ordine di selezionare le vittime tra i prigionieri condannati a morte di Regina Coeli e del carcere di via Tasso, ma il numero di prigionieri in quella categoria non arriva ai 330 necessari alla rappresaglia. Perciò vengono selezionati altri detenuti, tra gli arrestati per motivi politici, tra quanti hanno preso parte ad azioni della Resistenza, o semplicemente sono sospettati di averlo fatto. A questi si aggiungono anche 76 prigionieri ebrei, detenuti sempre a Regina Coeli, in attesa di essere trasferiti al campo di concentramento di Fossoli. Ma ancora non basta alla quota necessaria, così si rastrellano anche alcuni civili che passano per caso nelle vie di Roma. Il più anziano tra gli uomini uccisi ha poco più di settant’anni, il più giovane quindici. A rendere ancora più atroce il tutto il fatto che una volta radunate le vittime all’interno delle cave, Priebke e Hass si accorgono che erroneamente ne sono state selezionate 335 invece che le 330 previste dall’ordine di rappresaglia. Quei 5 prigionieri possono compromettere la segretezza dell’azione così, semplicemente, vengono uccisi insieme agli altri. “Custodire memoria, trasmettere ai giovani il senso di quanto avvenuto – continua Fico nella sua nota – rappresenta un doveroso omaggio a quanti hanno sacrificato la propria vita per la libertà e la democrazia di cui oggi beneficiamo. Ma rappresenta anche un monito nei confronti di coloro che non comprendono come l’errore più grande sia quello di considerare quanto accaduto settantacinque anni fa come una pagina dolorosa che riguardi soltanto il passato”. “Ci si appropria del senso del presente – seguita il presidente della Camera – solo attraverso la coscienza della propria storia. Quanto avvenne alle Fosse Ardeatine non fu soltanto conseguenza della guerra, ma fu, soprattutto, il frutto avvelenato dell’odio razziale e della negazione dell’altro”. “È accaduto, può accadere di nuovo? Si chiedeva Primo Levi. Domandiamocelo anche noi per contribuire a definire i punti fermi ideali e comportamentali della comunità umana che deve saper reagire con fermezza – così conclude Fico – ad ogni segnale di intolleranza e di discriminazione, coltivando sempre e ad ogni costo le ragioni della solidarietà, della giustizia e della democrazia”.