Ricordando Leopardi, il poeta romantico

Oggi 21 marzo 2019 si celebrano i 200 anni dalla nascita di Giacomo Leopardi, una data storica per ricordare un grande poeta del Romanticismo  italiano, nato a Recanati nel 1819 un paese delle Marche, allora dominato dallo Stato pontificio. Nasce da una nobile famiglia, il conte Monaldo e dalla marchesa Adelaide Antici, che in quanto nobili e di eccessiva severita’, non permettevano al giovane Giacomo di vivere e condividere i giochi della sua adolescenza nel villaggio di Recanati che rievochera’ con l’idillio “Il sabato del villaggio” …
Sarà combattuto nel fisico e nello spirito da una salute molto gracile che non gli permettera’ mai di viaggiare e di arricchire  la sua cultura di autodidatta. Conoscera’ il greco, il latino, l’ ebraico e le lingue moderne,  per  cui si rinchiudera’nella ricchissima biblioteca materna dove si dedichera’ per tutta la vita ad uno “studio matto e disperatissimo” e alle “sue sudate carte”. Svilupperà  così una profonda concezione pessimistica della vita che dominerà tutta la poetica leopardiana. Passerà così da un pessimismo individuale ad un pessimismo cosmico e definirà la natura, “Natura “matrigna”, tanto che nel canto ” A Silvia ” O Natura, o Natura perché, togli poi quello che prometti allor”…Perché di tanto inganni i figli tuoi”…Cioe’ rivolgendosi alla Natura, il poeta prima la definisce “benigna” perché promette all’uomo gioia e felicità al momento della nascita,  successivamente la definira’  “natura matrigna”che non mantiene le promesse date visto che la vita riservera’ all’uomo solo noia, dolore, solitudine e morte. L’amore, la felicità, la gioia di vivere non restano che delle mere illusioni, destinate presto a morire per sempre…Nasce di qui il canto de “l’Infinito” “Sempre caro mi fu quest’ermo colle….che da lontano il guardo esclude”….dove il poeta si rifugiava ogni volta che si sentiva solo e abbandonato ai suoi pensieri tristi e cupi, pensieri.che lo accomagneranno per tutta la vita. Nel contemplare l’infinito una siepe gli impedisce la vista di gran parte dell’orrizzonte al di là della quale immagina spazi senza limiti, silenzi profondi e pace assoluta, tanto da provarne sgomento. Ma l’improvviso stormire del vento e delle foglie, lo riportano alla triste realtà e ad un altro infinito, quello del tempo che scorre e all’ eternità a cui il poeta si abbandona dolcemente mentre ” il naufragar m’e’ dolce in questo mare…”.

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Rosa Cuccovillo

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