Mary Quant è una stilista britannica, conosciuta in tutto il mondo come l’inventrice della minigonna. Visionaria e ribelle -caschetto nero e sguardo vispo- ama andare controcorrente, rifuggendo i diktat imperanti nella moda nei primi anni sessanta. Mentre in Italia e persino in America primeggiano twin-set dal piglio “bon ton” e gonne a ruota, retaggio del decennio precedente, la scandalosa minigonna di Mary Quant da vita ad una rivoluzione di portata storica che dalla moda si allarga fino ad influenzare gli stili di vita, imprimendo un segno indelebile nella storia del costume. La sua lunga carriera ha quasi il sapore di una favola. Nasce a Blackheath – un sobborgo di Londra – l’11 febbraio 1934, da due professori gallesi della London University, che per lei sognano un futuro d’insegnante. Mary studia al Goldsmiths College prima di dedicarsi unicamente alla moda. A sedici anni però, decide di abbandonare il tetto familiare per vivere la “bohème” a Londra. Qui conosce Alexander Plunket Greene, appartenente ad una nobile famiglia inglese, anch’egli smanioso di libertà e di stravaganze. I due iniziano un divertente ménage: mangiano quando hanno soldi, viaggiano come possono, si vestono in modo insolito. Insieme allacciano amicizia con un ex avvocato diventato fotografo, Archie Mc Nair, e quando Alexander per il suo ventunesimo compleanno eredita dei soldi, decidono, con l’aiuto di Mc Nair, di comperare una casa sulla Kings Road a Londra. Nello scantinato aprono un ristorante ed al primo piano allestiscono la famosissima boutique “Bazaar”. In un primo momento, i londinesi ridono della sua boutique e del folcloristico gruppo di giovani che la frequenta, ma poi la curiosità attira gente del mondo del cinema, del teatro, dell’arte producendo grossi guadagni. Ben presto il suo atelier diventa fucina di idee nuove e fulcro della moda mondiale, simbolo di ribellione al conformismo. Ispirandosi alla Mini, celebre auto inglese, la stilista battezza “Mini skirt” (minigonna) il capo destinato a destare scalpore: una piccola striscia di tessuto che arriva a metà coscia e che si porta obbligatoriamente con alti stivali e collant, anch’essi appena inventati a posto delle calze con giarrettiera. Nella querelle su chi avesse inventato prima la minigonna, se il sarto francese André Courrèges o Mary Quant, lei dichiara: «Le vere creatrici sono le ragazze che si vedono per strada». La moda promossa dalla stilista si ispira infatti alla strada, alle ragazze inglesi che attraversano le vie di Londra. Sarà Twiggy (grissino), al secolo Leslie Hornby, sciampista diciassettenne di 45 chili, ad accompagnare nel 1966 il successo sulle passerelle della mini. Solo lei avrebbe potuto indossare quel pezzettino di stoffa ben al di sopra delle ginocchia, senza trasformarlo in un capo volgare. Nel frattempo, dopo aver sposato Alexander, Mary apre un altro negozio nell’aristocratica Brompton Road a Knightsbridge e poi a catena nel resto d’Europa, gli States, il Giappone. Icona della Swinging London (Londra anarchica), sarà anche brillante imprenditrice: fonda nel 1963 il “Ginger Group” per esportare la sua produzione negli USA di capi d’abbigliamento, fra i quali lo chemisier a righe e gli abiti accollati e lancerà una linea di cosmetici nel 1966 e una collezione di calzature nel 1967 oltre a oggetti d’arredamento. Non si contano i premi e riconoscimenti di cui la designer viene insignita: nel1966, riceve dalle mani della regina Elisabetta, l’onorificenza di Dame della Corona Britannica, che l’anno prima era stato dato ai suoi idoli, i Beatles. Lo scrittore Bernard Levin la definirà “High Priestess of Sixties fashion”, l’alta sacerdotessa della moda degli anni sessanta. Il 13 gennaio 2009 la sua minigonna è stata celebrata in un francobollo molto glamour messo in vendita dalla Royal Mail. Diviene anche autrice di libri: nel 1984 esce “Colour by Quant”, seguito, due anni più tardi, da “Quant on make up”, testo con cui la stilista si apre al mondo della cosmesi, nel 1996 “Classic make up and beauty book”. Dal 6 aprile 2019 all’8 marzo 2020 il Victoria&Albert Museum di Londra dedica all’inventrice della moda pop, una retrospettiva ; in esibizione oltre 200 capi e accessori e altrettanti pezzi esclusivi rinvenuti dagli archivi della Maison. Un ulteriore meritato omaggio ad un’attiva ottuagenaria entrata nel mito grazie alla sua capacità di parlare il linguaggio della sua epoca, interpretare il pensiero della massa, vestire e condividere i gusti della propria generazione.