LE DONNE CHE HANNO FATTO LA STORIA – Mineko Iwasaki: la geisha che solleva il velo delle apparenze

Sabrina Linsalata
Sabrina Linsalata

Circondate da un’aura di mistero, le geishe hanno sempre esercitato sugli occidentali un’attrazione quasi irresistibile. Mineko Iwasaki, all’anagrafe Masako Tanaka, è stata la piú famosa geisha giapponese dei suoi tempi. A soli cinque anni lascia la sua casa natale  per dedicarsi allo studio della danza giapponese tradizionale all'”okiya” (casa delle geisha) Iwasaki, nel quartiere Gion di Kyoto. Viene legalmente adottata dalla padrona dell’okiya, Madame Oima, e ne prende il cognome, Iwasaki, venendo inoltre scelta come “atotori”, cioè erede della casa; il nome, Mineko, le viene imposto da un indovino. All’età di quindici anni  diviene “maiko”, ovvero apprendista geisha, a ventuno, dopo essersi fatta una reputazione come migliore danzatrice e maiko del Paese, diviene ufficialmente “geisha”. Durante la sua carriera, intrattiene numerose celebrità e esponenti politici di spicco, sia giapponesi che stranieri, partecipa agli “zashiki’ organizzati per le visite ufficiali in Giappone della Regina Elisabetta II e del Principe Carlo d’Inghilterra. La sua fama le procura un vasto stuolo di ammiratori, ma anche invidie, pettegolezzi e addirittura un certo numero di aggressioni fisiche. Di conseguenza, diviene progressivamente stanca del mondo rigido  e limitativo delle geisha, per cui  si ritira in giovane età, a soli 29 anni, all’apice della carriera. In realtà Mineko spera ardentemente che questa mossa agisca come una provocazione, stimolando il mondo che ruota attorno a Gion a scuotersi e ammodernarsi: in effetti, questa sua decisione  causa un cambiamento epocale perché crea a reazione  il ritiro di altre settanta geisha che desiderano emularla,  innescando il forte declino numerico delle geisha negli  anni a seguire.Nel 1982, dà una svolta alla sua vita, sposando l’artista Jin’ichirō Satō, che nel 1983 la rende madre del figlio Kosuke. Mineko va inquadrata, dunque, come una donna che ha sempre lottato per la valorizzazione della figura femminile affinché fosse scevra da tutte le connotazioni negative che le venivano falsamente attribuite dalle fantasia di un mondo maschilista e perverso. Significativa è la sua continua esortazione  a non chiamare  le sue colleghe geisha (“artista”) ma  geiko, (“donna d’arte”). Un ulteriore esempio di questa sua strenua lotta al femminile è la diatriba  con lo scrittore Golden che decide di scrivere un libro sulla vita  delle geishe. Mineko acconsente di fornire informazioni allo scrittore a patto che il suo coinvolgimento nel progetto rimanga confidenziale. Tuttavia Golden rende  pubblico il suo nome, non solo citandolo apertamente nei ringraziamenti del suo libro, ma anche in varie interviste su giornali nazionali. Quando il romanzo viene  pubblicato, riscuotendo un grande successo, Mineko si ritrova al centro di pesanti critiche e riceve addirittura minacce di morte per aver violato il codice di segretezza delle geisha. Pertanto si sente tradita dall’uso fatto da Golden di informazioni da lei ritenute confidenziali, così come dall’elaborazione di  un ritratto non veritiero  della  vita di una geisha soprattutto per il coinvolgimento in forme di prostituzione. Decide pertanto di portare Golden in tribunale con l’accusa di violazione di contratto e diffamazione. Nel 2003, un accordo stipulato privatamente con la casa editrice di Golden pone termine alla causa in cambio del versamento alla donna di una cifra di denaro non rivelata pubblicamente. A questo punto Mineko decide di scrivere un proprio libro di memorie, in collaborazione con Rande Gail Brown nel quale racconta la sua vita quale geisha indipendente e padrona del suo destino, completamente diverso dalla vita della protagonista del romanzo di Golden. ll libro  da cui è stato tratto un film giapponese chiamato “Hana Ikusa”è  pubblicato come “Geisha of Gion” nel Regno Unito, come “Geisha. A Life” negli Stati Uniti; la versione italiana si intitola: “Storia proibita di una Geisha. Una storia vera”, edito da Newton Compton Editori. Mineko coraggiosamente si racconta, racconta della sua vita come geiko, dei genitori che ha dovuto lasciare per intraprendere la sua carriera, dei suoi amori,  delle sale da tè e delle scuole, ma anche delle regole ferree , come il “mizuage”, che  consiste nel subire una deflorazione cerimoniale da parte di un patrono che ha pagato profumatamente per quel privilegio. Questo mondo così fragile, come il cristallo, si rivela al di là delle apparenze, pieno di  invidia e rancore, impone   regole che non possono essere cambiate. Non ci rimane che ringraziare Mineko Iwasaki per avere avuto un enorme coraggio, per aver discostato il velo e raccontato la vera realtà, una realtà alla quale sentiva di non poter appartenere. Di sé scrive parole emblematiche, “Una perfetta geisha fa uso di tutte le arti in suo possesso per soddisfare il suo pubblico, per regalare splendide sensazioni a ogni persona che incontra, mentre io ho sempre preferito attività solitarie. Una perfetta geiko è un elegante salice che si flette al servizio degli altri, mentre io sono sempre stata, per carattere, testarda, incline a contraddire tutti e molto, molto orgogliosa”.

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da Redazione

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