A pochi giorni dall’allarme lanciato in Francia per l’aumento del 74% degli atti antisemiti, ha fatto il giro del mondo l’immagine oltraggiosa e terribile delle 80 tombe profanate nel cimitero ebraico in Alsazia, a Quatzenheim. L’atto criminale, che esattamente di questo si tratta, visto che, è bene ribadirlo, l’antisemitismo è un reato, è stato perpetrato proprio nel giorno in cui nelle piazze francesi era prevista una manifestazione unitaria contro gli ultimi episodi di antisemitismo che hanno colpito la nazione. Esso arriva infatti a tre giorni dall’aggressione al filosofo ebreo Alain Finkielkraut da parte di alcuni gilet gialli a causa del suo profondo legame con Israele. Il problema è che oramai antisemitismo e antisionismo sono divenuti sinonimi in una esplosiva combinazione e sovrapposizione. Il che ha permesso all’odio razziale di esponenti della ultradestra di combinarsi con il populismo semplicistico di una certa sinistra che vede nell’esistenza stessa dello Stato di Israele la colpa di tutto ciò che accade in Medio Oriente. E questo non accade solo nella Francia di Macron, in cui il fenomeno è esacerbato dalle proteste dal sapore decisamente poco pacifico che stanno assumendo i movimenti dal basso. Dina Porat, grande esperta di antisemitismo nonché presidente del Kantor Center per lo Studio dell’Ebraismo Europeo Contemporaneo, nella sua recentissima intervista con Elena Loewenthal (ItaliaIsraeleToday.it) ha infatti affermato che è” l’Europa tutta a doversi porre un problema politico”. Infatti nel pericoloso connubio di populismo di bassa lega e tendenze sovraniste a ogni costo esiste una “ idea etnica di nazione” dalla quale gli ebrei sono esclusi (dagli albori della loro storia come popolo della diaspora) perché percepiti come elemento estraneo da espungere in qualche modo. Se poi a tutto ciò si aggiunge la potente spinta dei meccanismi di rimozione della colpa, da cui le nazioni europee in varie forme sono afflitte, ecco che la situazione si complica ulteriormente, destando non poche preoccupazioni. Non è poca cosa, a testimonianza del termometro delle tensioni sociali, l’invito rivolto dal Ministro israeliano dell’Immigrazione, Yoav Gallant, agli Ebrei Francesi, che sono cittadini della Francia, a trasferirsi in Israele. Quel che è certo è che l’Europa non può più far finta che la bestia oscura dell’antisemitismo non abbia mostrato nuovamente il suo volto, finora tenuto convenientemente velato per ragioni di opportunismo storico.