Come si fa a dare sostanza ai sogni, soprattutto se fatti solo di parole, benché straordinarie come quelle di Giorgio Bassani? Qualche volta la parola si fa materia, e lo spazio memoria, soprattutto se a dar forma al tutto è un artista di fama internazionale, che ha fatto delle sue opere un inno alla pace tra i popoli. Capita allora che una domanda, posta da un gruppo di turisti americani che gironzolano curiosi tra le strade della elegante città di Ferrara, germogli in una splendida installazione. “Scusi dov’è il Giardino dei Finzi-Contini?”. La domanda rivolta allo scultore Dani Karavan, in visita nella città, permane quarant’anni nella straordinaria mente dell’artista prima di farsi arte. Quel giardino, infatti, che quei turisti americani cercavano in punta di piedi scrutando un muro in Corso Ercole I d’Este, in realtà non è mai esistito, se non nella fervida immaginazione di Bassani. Almeno fino a quando Dani non sceglie di concretare il suo amore per Ferrara, e per uno dei suoi scrittori più rappresentativi, in una istallazione che dal 31 Ottobre al 10 Febbraio 2019 è in mostra al MEIS di Ferrara, dal titolo fortemente allusivo: il Giardino che non c’è. L’allestimento è curato da Noa Karavan ed è popolato da oggetti simbolici ed evocativi quant’altri mai: la ferrovia, spazio fisico scontornato dalla polisemia che la caratterizza in un contesto simile; la bicicletta, foriera di un mondo quasi perduto, quello della Ferrara di Bassani; il muro, che qui è riproposto come immaginifico desiderio dell’altrove, ma in vetro e con incise le parole del romanzo che descrivono il giardino, in tutte le lingue in cui esso è pubblicato; e la scala, correlativo oggettivo dell’amore di Giorgio, e di tutti gli uomini che si spingono a superare le barriere fisiche e mentali pur di raggiungere il sorriso delle loro Micol. Non resta allora che augurarvi di perdervi tra le magnifiche strade della ubertosa cittadina emiliana e di allungarvi in punta di piedi a sbirciare oltre il muro per godere finalmente del giardino che non c’è.
Ancora una volta, dobbiamo soffermarci a riflettere sull’importanza di un muro. Quei muri che nessuna società, se pur di grande ingegno tecnologico, non è mai riuscita a sconfiggere.
I muri più potenti sono quelli costruiti nelle menti e nei cuori ed esiste un unico modo per poterli abbattere, costruendo, al loro posto, ponti: la conoscenza.