Attenti ai rumori molesti, anche se di “poca entità”

I rumori possono provocare un danno alla salute, bene protetto –  ex art.32 Costituzione – e far scattare  un diritto alla risarcibilità. Contro le immissioni sonore e i rumori molesti che superino la normale tollerabilità possono essere esperite sia l’azione civile (articoli 844 c.c., azione inibitoria e art. 2043- 2059 c.c. risarcimento del danno) sia l’azione penale (art. 659 c.p.) e sia un’azione amministrativa. Il Legislatore non ha ben definito il concetto di normale tollerabilità del rumore limitandosi ad affermare che, per valutarne i parametri bisogna tener conto delle condizioni dei luoghi e della necessità di contemperare le esigenze di produzione con le ragioni di proprietà. Un ausilio al chiarimento del concetto ci viene dalla Legge 447 del 1995, Legge quadro sull’inquinamento acustico;  si supera la normale tollerabilità allorché i rumori del vicino superino i 3 dB del rumore di fondo nelle ore notturne e 5 dB nelle ore diurne. Perché possa configurarsi il reato di disturbo delle occupazioni e del riposo, non è sufficiente che il disturbo interessi il singolo soggetto, ma è necessario che il rumore arrechi disturbo ad un numero indeterminato di persone. L’Ordinanza 21554/18 della II Sezione Civile della Cassazione ha posto un punto fermo sulla questione rumore. La Suprema Corte è intervenuta sulle immissioni sonore e rumori molesti affermando che, il cittadino che lamenti rumori molesti dal vicino, che superino la normale tollerabilità, ha diritto al risarcimento non patrimoniale, anche senza la prova del danno biologico. L’assenza di un danno biologico documentato, infatti, non impedisce il risarcimento non patrimoniale conseguente ad immissioni illecite, quando siano stati lesi il diritto al normale svolgimento della vita familiare all’interno della propria abitazione e quello alla piena esplicazione delle proprie abitudini. Si ha  danno non patrimoniale allorché venga violato un diritto alla persona costituzionalmente garantito in quanto i diritti delle persone non hanno un valore predeterminato corrispondente. La Suprema Corte ha ritenuto corretta la decisione della Corte d’appello di Roma quanto al risarcimento del danno non patrimoniale, liquidato in via equitativa in 10.500 euro e, riconosciuto al condomino che aveva citato in Tribunale, il titolare dell’officina contigua alla sua abitazione, anche se i rumori superavano di poco la normale tollerabilità, ma comprometteva il pieno svolgimento della vita domestica.

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Elvira Zammarano

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