13 luglio 2015, Paola Clemente viene stroncata da infarto a 43 anni, mentre lavorava all’acinellatura dell’uva sotto un tendone nelle campagne assolate di Andria. Luglio 2018, tre terzisti, di cui 2 albanesi e 1 italiano, vengono denunciati per sfruttamento di lavoratori in stato di bisogno, nel basso Sabino (BG). Luglio 2018, un 34enne, incensurato di Casirate nel bergamasco, finisce agli arresti domiciliari per associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale e intermediazione illecita di manodopera e sfruttamento di lavoratori in stato di bisogno. Agosto 2018, un incidente stradale sulla S.P. 105, tra Ascoli Satriano e Castelluccio dei Sauri, perdono la vita quattro braccianti di colore di 20, 23 e 27 anni. Tutti sprovvisti di documenti. Dei quattro, tre riconosciuti, tranne uno. Agosto 2018, muoiono 12 migranti in un incidente stradale a Lesina (FG) mentre, stipati su un furgone, andavano a lavorare nei campi. E poi in Piemonte, nelle province di Alessandria, nell’ Astigiano e nel Cuneese, centinaia di migranti sono impiegati in lavori stagionali massacranti, sottopagati e senza alcuna dimora. Tutto ciò, fa intuire l’esistenza di una vera e propria organizzazione criminale operante su vasta scala. Stiamo parlando del “capolarato”. Un’antica piaga sociale, diffusa a macchia d’olio, spesso, collegata a varie organizzazioni malavitose e mafiose. Intanto diciamo che il caporalato è un reato disciplinato dall’art. 603 bis del codice penale ed è una forma illegale, ben strutturata, di reclutamento di manodopera non specializzata. Il suo “impiego” riguarda prevalentemente il mondo agricolo. Tuttavia nel tempo ha coinvolto anche altri tipi di aziende e lavoratori stagionali – italiani e stranieri – in stato di bisogno. Prende il nome da caporale. Figura illegale, con il compito di mediare tra datore di lavoro e manodopera, da lui stesso reclutata e retribuita al di sotto del minimo contrattuale. Di solito, cifre sproporzionate rispetto alla quantità del lavoro prestato e al numero di ore lavorative effettivamente rese (sino a 13 – 14 ore per turno). Il trattamento peggiore è solitamente riservato alle lavoratrici con paghe di molto inferiori a quelle degli uomini. La Legge 563 del 1926 modificata poi nel 1938, istituì i contratti collettivi di lavoro, gli uffici di collocamento e la chiamata numerica e non più nominale per il lavoratore ( come deterrente al clientelismo). Questo provocò una drastica riduzione del fenomeno fino al 1944, con il Decreto 287 del governo Badoglio, in cui furono abolite le leggi della carta del lavoro, con un sensibile, costante incremento del caporalato. La morte della povera Clemente, nel 2015, non è stata vana, poiché ha dato l”input all’approvazione della legge Martina (199/2016), entrata in vigore il 4 novembre scorso. La Legge stabilisce che commette il reato di caporalato: Chiunque recluti manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori. Chiunque utilizzi, assuma o impieghi manodopera, anche mediante attività di intermediazione, sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno. La pena per il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro va da 1 a 6 anni di reclusione. Sono condizioni di sfruttamento: La violazione della normativa sull’orario di lavoro, riposo settimanale e ferie. La violazione dell’evento norme in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro. La sottoposizione del lavoratore a condizioni, metodi di sorveglianza e situazioni alloggiati e degradanti. La pena è aumentata sino a 8 anni se c’è violenza o minaccia e una multa da 1000 a 2000 euro per ciascun lavoratore reclutato. Il reato sarà uguale sia per l’intermediatore (caporale), sia per chi sfrutta questo tipo di servizio (datore di lavoro). La legge prevede anche l’arresto obbligatorio in flagranza di reato e la confisca dei beni, in alcuni casi. Tuttavia, nonostante l’inasprimento delle pene, la nuova legge non ha, purtroppo, arginato né scoraggiato il caporalato. Il problema è l’inadeguato supporto alle figure che hanno il compito di farla rispettare. Massicci e più severi controlli, estesi su tutto il territorio nazionale, soprattutto, là dove se ne ravvisi il più piccolo sospetto, andrebbero incrementati. Così come andrebbe rafforzato il numero delle Forze dell’Ordine, Guardia di Finanza ed Ispettorato del lavoro.