Non si conoscono le cifre ufficiali, ma si stima che in America Latina, approssimativamente, 41 gravidanze su mille siano di minorenni. In particolare, a Managua, ogni cinque ore, una ragazza sotto i 18 anni partorisce un bambino. Questo fa del Nicaragua, il Paese con il maggior numero di madri adolescenti dell’America Latina. Una piaga sociale che viene spesso ignorata dalle istituzioni e taciuta dai media. Incontrare per strada bambine con volti sorridenti che esibiscono con estrema naturalezza il loro pancione è una scena a cui difficilmente ci si può abituare.Ti lascia un velo di profonda tristezza. Ti chiedi se queste bimbe stanno giocando ancora a nascondere le loro bambole sotto i vestiti o se sono realmente prossime alla maternità. Se sono coscienti di cosa stia loro accadendo, delle trasformazioni del loro piccolo corpo, immaturo. Se sapranno passare dal gioco, al vero ruolo di madre che implica sacrifici e responsabilità. Se la loro adolescenza interrotta conoscerà momenti di svago e spensieratezza. Nella maggior parte dei casi, queste “bimbe mamme”, non riusciranno mai a rimarginare le loro ferite, in quanto vittime di una radicata cultura “machista”, che ammette la sessualità precoce e giustifica la violenza. Molte di loro hanno figli con uomini di vent’anni più vecchi, che dopo l’abuso, scappano per svanire nel nulla. Salvo qualche rara eccezione, questi uomini evitano qualsiasi responsabilità anche verso i figli. Che spesso nascono sottopeso, devono essere nutriti con latte artificiale, perchè il corpo acerbo delle loro piccole madri, non era pronto a sostenere il peso della maternità. L’adolescente incinta, nonostante le violenze, viene poi emarginata e colpevolizzata da una società incapace di comprendere il dramma dei più deboli. La situazione al momento sembra non avere vie di scampo e aumenta ogni anno del 5%. Si parla di emergenza sociale con migliaia di giovanissime costrette a lasciare la scuola, a rinunciare a un futuro diverso e migliore, a un aggravio della loro condizione femminile e a subire il dolore di un possibile aborto in solitudine e nella indifferenza generale.